Atmosfera rarefatta, qualche passante sospettoso, pochi romani desiderosi di bellezze deserte, un fotografo che solo nei suoi sogni più arditi poteva immaginare una piazza romana v-u-o-t-a, libera dalla folla e scintillante di antico splendore.  Poi giusto qualche turista spuntato da chissà dove: sono i primissimi giorni dopo la fine del lockdown.

La città, dopo i mesi di clausura o di “riposo” come suggerisce Gigi Proietti, è quasi timorosa di tornare a vivere la “normalità”. Fuori il caos di sempre fa presto a riprendersi i suoi spazi ma è dentro il centro storico che Roma si stiracchia pigra dopo il lungo sonno e non sembra avere molta voglia di concedersi di nuovo alle frenesie turistiche. La città dopo interminabili decenni e per un tempo brevissimo, è sembrata tornare quella di una volta, come se riemergesse da uno scavo archeologico. Si riscoprono le gradinate, le balaustre, i motivi del selciato, i monumenti stessi. E allora torna alla memoria qualche pomeriggio ferragostano degli anni ’60 quando, con sfacciataggine una Roma solitaria pareva buttarti le braccia al collo e ti apostrofava con un: “A bello, écchime quà, so’ tutta tua!”. Chissà, forse je pesava la solitudine puro a lei…

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